A proposito di Io e mia madre di Salvatore Vallone. Incontro con l'autore
Salvatore Vallone psicologo e psicoterapeuta è autore del volume Io e mia madre, edito da Segmenti Editore che ha come tema l'anoressia e si rivolge, come afferma l'autore, a chiunque ami conoscere i fenomeni e le dinamiche che coinvolgono l’inscindibile unione del Corpo e della Mente di un uomo.
Ringraziamo Salvatore Vallone per la disponibilità dimostrata collaborando all'intervista che di seguito pubblichiamo e che ci aiuta ad analizzare i contenuti del volume.
D. Come definirebbe “Io e mia madre” un romanzo, un saggio...?
R. “Io e mia madre” contiene lo psicodramma dell’anoressia mentale. Tra saggio e narrazione il libro svolge il conflitto della protagonista tra il Corpo e la Mente e con le figure dei genitori nella ricerca dell’identità e dell’equilibrio psicofisico migliore e possibile in quel momento storico della sua esistenza.
D. Quali sono gli argomenti trattati nel libro?
R. Protagonisti sono il famigerato “fantasma di morte”, il duro sentimento della rivalità fraterna, la solitudine affettiva, il conflitto acerbo con i genitori, l’odio verso la sorella. Il tutto si sviluppa dentro un quadro contrassegnato dall’angoscia di avere un Corpo visibile che patisce e una Mente invisibile che gestisce, chiare trasposizioni dei “fantasmi” dei genitori.
“Io e mia madre” non è un semplice caso clinico tradotto in letteratura chissà per quali fini, “Io e mia madre” è una ricerca sull’origine dell’anoressia mentale e sul dramma esistenziale di chi s’imbatte in questo maligno conflitto con se stesso attraverso il cibo. Particolare importanza è data alla valenza affettiva ed emotiva legata alla degenerazione del conflitto con i genitori.
D. Come è strutturato il libro?
R. “Io e mia madre” è strutturato per quadri, una serie di paragrafi dal titolo specifico che sviluppa la psicodinamica dell’anoressia mentale nel corso dell’esistenza della protagonista. Il libro parte dalla crisi conclamata del Corpo e della Mente e arriva alla maturazione della scelta della psicoterapia. La protagonista si lascia cogliere attraverso le fantasie e le riflessioni, le idee e le emozioni, le pulsioni e i desideri che la contraddistinguono come persona unica e irripetibile. Il quadro clinico si evidenzia nella progressiva manifestazione dei sintomi e della cause, nonché nella delucidazione che la stessa protagonista offre a se stessa. Ogni paragrafo ha una sua autonomia, per cui “Io e mia madre” può essere letto anche in maniera libera per paragrafi.
D. Da cosa trae spunto?
R. Il libro è la trasposizione scritta di grammatica e di pratica, dello studio teorico e della pratica clinica. “Io e mia madre” conferma le tesi conosciute e amplia la psicodinamica dell’anoressia mentale. Soprattutto la funzione psicologica della figura paterna e la novità del “sentimento della rivalità fraterna” allargano il quadro clinico rispetto alle teorie del passato che inquisivano, più che il vissuto della figlia in riguardo alla madre, direttamente la figura materna come responsabile dell’anoressia mentale.
D. A chi si rivolge?
R. Nella sua forma saggistica e narrativa il libro può essere letto da chiunque ama conoscere i fenomeni e le dinamiche che coinvolgono l’inscindibile unione del Corpo e della Mente di un uomo. La lettura di “Io e mia madre” include lo specialista e l’appassionato e procede in maniera spedita e attraente anche grazie ai tanti riferimenti culturali ed eruditi che la protagonista esibisce insieme a un buon narcisismo.
D. Che cosa è l’anoressia mentale?
R. L’anoressia mentale è un grave e complesso disturbo psichico alimentare che si attesta in una sfida continua all’autodistruzione e arriva a picchi notevoli di onnipotenza. L’angoscia è “borderline” e trasborda in somatizzazioni acute e dolorosissime. La “organizzazione psichica reattiva” delle persone anoressiche è complessa e oscilla tra l’ossessione e l’isteria, non disdegnando la “scissione dell’Io”. L’anoressia mentale non è clinicamente soltanto un disturbo ossessivo compulsivo, “d.o.c.”, ma si attesta con facilità nello “stato limite” e spesso travalica nel delirio psicotico. In compenso ha ampi margini di rientro dalle crisi acute, per cui la persona anoressica si riconosce dalla magrezza ma non dalle cadute del “principio di realtà”. Il delirio è soprattutto agito in un ambito personale, tra sé e sé.
D. Chi sviluppa l’anoressia?
R. Si pensava che l’anoressia mentale fosse riservata all’universo femminile e che sviluppasse soltanto una psicodinamica privilegiata con la figura materna. Ma è una tesi parziale, perché il disturbo scatta a determinate condizioni e in specifiche “organizzazioni psichiche reattive” e anche nei maschi. L’anoressia mentale è legata in origine a una frustrazione traumatica della “posizione orale” durante il primo anno di vita e alla sfera affettiva connessa solitamente alla figura materna. In effetti, si riscontra questa collaudata tesi nella pratica clinica, ma si vede chiaramente come la “posizione edipica”, la conflittualità con i genitori, sia dominante e determinante nel prosieguo psichico evolutivo della persona e del pesante disturbo.
D. Come si cura?
R. La psicoterapia a orientamento psicoanalitico è elettiva per capire le cause dello “stato limite”, il meccanismo della “scissione dell’Io”, il significato profondo del delirio. Altre scuole psicoterapeutiche hanno sempre un buon esito nel lucido psicodramma dell’anoressia mentale. Quest’ultima non si cura da sé o per grazia ricevuta. Le persone affette dal disturbo manifestano una buona capacità di analizzarsi e di cogliere la propria verità psichica, ma queste abilità intuitive non aiutano a risolvere il conflitto “Corpo-Mente” e a riportare integrità dove c’è scissione. Addirittura queste doti analitiche diventano una “resistenza” al necessario cambiamento evolutivo, in quanto sono esercitate in maniera solipsistica, senza un esperto interlocutore, per cui la presa di coscienza non si obbiettiva e non si rafforza. Senza “l’altro”, lo psicoterapeuta, la risoluzione dell’anoressia mentale è letteralmente impossibile. “Con l’altro” si prende coscienza dell’organizzazione psichica acquisita e si diventa padroni a casa propria. Una guarigione dell’anoressia mentale senza psicoterapia può comportare una “traslazione dei fantasmi” interessati in un disturbo compatibile e magari meno drammatico in un primo momento. Quando il meccanismo di difesa non funzionerà in maniera adeguata, l’anoressia mentale ritornerà più acuta di prima.
D. Quali caratteristiche umane hanno le persone anoressiche?
R. Le persone affette da anoressia mentale hanno una notevole intelligenza e perspicacia. Personalizzano le conoscenze e le adattano a loro uso e consumo in base al ruolo e all’identità che di volta in volta hanno bisogno di assumere. Inoltre, hanno una notevole confidenza con i “processi primari” e la “fantasia”, pur non disdegnando l’esercizio spietato della razionalità. A livello affettivo ed emotivo contraggono le energie invece di investirle, provocando le somatizzazioni più dolorose e originali. Hanno tanto bisogno di essere amate, ma non sanno in primo luogo accudire amorevolmente se stesse.
D. Dopo la psicoterapia è possibile una ricaduta?
R. La psicoterapia lavora sulla “coscienza di sé”, migliora la consapevolezza della propria storia psichica evolutiva, rende padroni in casa propria, raggiunge la consapevolezza della propria formazione psichica, accresce la funzione equilibratrice dell’Io sulle pulsioni più istintive e sulle repressioni più spietate. La psicoterapia è essenziale e, se ha avuto un esito fausto, consente alla persona di essere sensibile alle proprie debolezze per farne una forza. Una ricaduta è impossibile nel divenire psichico, ma momenti di crisi, con o senza ritorno del sintomo, sono umani e non avvengono all’insaputa del protagonista. In ogni caso gli strumenti conoscitivi acquisiti rendono il malessere di rapida risoluzione.
D. Come comportarsi se si teme la presenza di un disturbo del comportamento alimentare?
R. I disturbi del comportamento alimentare sono ben radicati nella storia psichica della persona, per cui non vengono fuori all’improvviso. Prima inizia il trattamento psicoterapeutico e minori saranno i danni psicofisici. Se lo trascuri o non lo curi, questo disturbo traligna e porta alla dolorosissima e lenta morte per inedia e consunzione.
D. Nel dramma dell'anoressia mentale che ruolo ha la famiglia?
R. Le figure del padre e della madre sono importanti per la formazione psichica dei figli e, di conseguenza, del disturbo, ma tutto il quadro clinico dipende esclusivamente dai vissuti della persona, figlio o figlia, e non dal comportamento dei genitori. Mi spiego meglio. Con gli stessi genitori non tutti i figli maturano lo stesso disturbo psicosomatico o la stessa “organizzazione psichica reattiva” o struttura caratteriale. Di poi, il sentimento della rivalità fraterna è presente nell’anoressia mentale e in assenza di un fratello o di una sorella viene spostato su figure similari e scelte di volta in volta in base alle emergenze psicologiche. Questa importantissima psicodinamica affettiva, che si attesta nel vivere il fratello o la sorella come tremendi rivali da eliminare perché portano via l’affetto dei genitori e i privilegi del figlio unico, è stata poco curata e studiata, ma possiede una tremenda forza e si scatena in maniera pesante nell’anoressia mentale. Anche nella cosiddetta “normalità” il sentimento della rivalità fraterna incide nella formazione psichica.
D. Nel libro si afferma: “Non puoi sfuggire alla vita e alla morte sin dal momento in cui sei spuntato su questa terra dal grembo di tua madre con tanto dolore. Non puoi andare in Africa per evitarle e non puoi ingannarle camuffandoti da ippopotamo o da lucertola; la vita e la morte ti riconoscerebbero anche travestito da animale bulimico o anoressico.
Samarcanda è una pia illusione.”
Perché nell'anoressia ricorre questa sfida continua all'autodistruzione?
R. Semplicemente perché l’anoressia mentale ha come basamento psichico il famigerato “fantasma di morte”, un vissuto traumatico di perdita e di qualità depressiva che si forma nel primo anno di vita durante la prevalenza determinante della “libido orale” e della funzione alimentare come appagamento. I bambini interpretano il sollievo dai morsi della fame come una forma di cura e premura di chi lo nutre ed elabora un sentimento interessato di gratitudine: un “imprinting” sublimato in sentimento d’amore, l’equivalenza del “chi mi ama mi nutre e chi mi nutre mi ama”. Ma non basta, perché l’anoressia mentale non sa fare a meno della “libido anale” e, quindi, dell’esercizio del sadomasochismo con manifestazioni aberranti dell’aggressività. Della relazione con i genitori e i fratelli, ho già detto. In questa psicodinamica si inserisce il “fare la corte alla morte”, nonché la sindrome del padreterno con il delirio dell’onnipotenza. L’anoressia mentale svolge una costante tenzone con la possibilità della morte: non mangio e vediamo fino a quanto tempo riesco a fare a meno del cibo per dimostrare agli idioti che io ce la faccio e non muoio. Su questi temi dinamici e conflittuali “Io e mia madre” è particolarmente ricco di significativi particolari e di apparenti curiosità.
D. La consapevolezza di sé e della propria sofferenza come vengono gestite da chi è affetto da anoressia? E le emozioni?
R. È molto diffusa la convinzione che il “sapere di sé” di socratica memoria sia affettivamente arido ed emotivamente freddo. L’autocoscienza si basa sulla funzione razionale dell’uomo, “processo secondario”, ed è stata sempre invocata dai filosofi della psiche e della conoscenza come la condizione di base o la categoria delle categorie. Il “conosci te stesso” non toglie nulla alla sfera affettiva ed emotiva, tutt’altro! Il “sapere di sé” esalta la dimensione neurovegetativa proprio perché la libera dalle inutili resistenze a lasciarsi andare che prima l’affliggevano con le censure e le difese. La consapevolezza di sé, della propria storia e della funzionalità psichica è per l’anoressia mentale la giusta ed efficace cura da portare avanti vita natural durante. Degno di nota al proposito è il quadro finale del libro dal titolo significativo “Il dolore del ritorno al passato e la gioia del ritorno alla vita”.
Queste sono soltanto risposte a domande. La lettura ordinata o disordinata di “Io e mia madre” completerà l’opera di comprensione.
D. La ringrazio.
R. Grazie a lei e a Segmenti per questa opportunità di comunicare con la gente.
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